Guglielmo Minervini in una sua nota, Pensieri 10, ha scritto in merito alle recenti elezioni regionali, in Puglia, che: Numerosi imprenditori eletti nel consiglio regionale sollevano il bisogno di regolare il possibile conflitto di interesse. Affermare la separazione della funzione pubblica dalla tutela degli interessi privati, anche quelli dei parenti stretti, significa difendere una politica sana. E sconfiggere il berlusconiano "fare politica per farsi gli affari". La Puglia laboratorio di cambiamento comincia così.
Questo, ma soprattutto le seguenti repliche dei lettori, mi ha fatto riflettere in merito al rapporto fra la democrazia (o quanto l'Italia ambisce ad esserlo) e la partecipazione delle diverse categorie professionali alla vita politica del nostro paese.
Penso che una democrazia vera non debba temere la partecipazione di alcuna delle categorie professionali. Risulta evidente che in Italia questo è, al momento, una "utopia", nel senso che si legifera nella direzione opposta provocando seri timori per la stabilità democratica del paese.
La visione dell'imprenditore onesto o disonesto rientra nell'etica di ciascun individuo e nella propria adesione alle leggi dello stato e della morale comune (quest'ultima variabile dipendente dalla cultura dominante) pertanto forse in Svezia potrebbe non essere necessario, ma in Italia dove l'illegalità è premiata, così come in altri paesi, è necessario difendere la democrazia con leggi che regolino i diversi conflitti di interesse. In merito alla categoria degli "imprenditori" concordo con quanto afferma Umberto Galimberti, sul fatto che il "Mercato" ha eliminato il dualismo fra imprenditori e dipendenti creandone uno fra chi governa il Mercato e chi lo subisce.Credo che fra questi ultimi, oggi ci siano la gran parte dei piccoli e medi imprenditori italiani.
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