domenica 19 aprile 2009

Ottopermille. Istruzioni per l'uso.

Il terremoto dell'Abruzzo ed il problema della ricostruzione, nelle sue esigenze di rapidità ed efficacia ha scatenato un ventaglio di proposte per offrire soluzioni adeguate nei confronti delle popolazioni colpite. Fra le tante, è stata fatta l'ipotesi di destinare l' 8x1000 della tassazione irpef di ciascun cittadino alla causa dei terremotati dell'Abruzzo.
Questa proposta, se pur ottima, è caduta in un forzato oblio, in quanto si è toccato un canale di finanziamento, tanto certo quanto silente, dello Stato del Vaticano da parte dello Stato Italiano.
Per intenderci questo finanziamento, nel totale del suo gettito, ammonta a 1002 milioni di euro (dato del 2008 - fonte Wikipedia) e viene suddiviso fra le diverse chiese con una modalità poco chiara che finisce per attribuire il 90% dei fondi alla confessione religiosa scelta dal 35% degli italiani. Succede quindi che il 35% degli italiani sceglie di destinare l'8x1000 della propria Irpef alla Chiesa Cattolica e che lo Stato Italiano aggiunga a questi 35% di italiani anche le quote di 8x1000 dei cittadini che non hanno espresso alcuna scelta. Pertanto se non volete destinare il vostro 8x1000 allo Stato del Vaticano dovete necessariamente firmare per lo Stato Italiano e sperare che almeno lo Stato Italiano lo devolvi in opere di carità. Questa non è una certezza in quanto solo le confessioni minori, hanno destinato la totalità dell'importo raccolto in opere caritatevoli mentre la Chiesa Cattolica ha così destinato l'incasso:
42% esigene di culto e pastorali (420milioni di euro);
37% stipendi dei preti (370milioni di euro);
20% interventi caritativi in Italia e nel terzo mondo (200milioni di euro).
Nonostante lo spot, che invita a donare l'8x1000 per il Vaticano, pubblicizzi l'impegno della chiesa cattolica per la battaglia contro la fame nel mondo, a queste iniziative vengono indirizzati solo 8,5% dei fondi raccolti (85 milioni di euro).

martedì 14 aprile 2009

Il medico, il clandestino ed il giuramento di Ippocrate

E' successo. A Conegliano, nella provincia trevigiana, un medico, in servizio al pronto soccorso locale, ha denunciato alla polizia una ragazza nigeriana di soli 20 anni, vittima di un malore, che non sarebbe stata convincente nel fornire le generalità.
Dopo le cure del caso, la donna è stata trasferita al commissariato. La polizia, dopo aver accertato la sua posizione irregolare, scoprendo che era già stata raggiunta da un ordine di allontanamento dal territorio nazionale, ha trasmesso alla magistratura gli atti relativi alla donna, mentre all'immigrata è stato notificato un secondo ordine di espulsione.
Probabilmente non è il primo e credo, purtroppo, non sarà neppure l'ultimo caso del genere.
Spero che i medici che operano una scelta del genere si prendano il tempo per rileggere il giuramento di Ippocrate che sono tenuti a prestare per esercitare la professione medica affinchè continuino ad alleviare e non a provocare le sofferenze del genere umano.
Giuramento di Ippocrate
Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:
  • di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento;
  • di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
  • di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente;
  • di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
  • di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza e osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione;
  • di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale e alle mie doti morali;
  • di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della categoria;
  • di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
  • di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica;
  • di prestare assistenza d'urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'Autorità competente;
  • di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto;
  • di astenermi dall' "accanimento" diagnostico e terapeutico;
  • di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato.