martedì 14 aprile 2009

Il medico, il clandestino ed il giuramento di Ippocrate

E' successo. A Conegliano, nella provincia trevigiana, un medico, in servizio al pronto soccorso locale, ha denunciato alla polizia una ragazza nigeriana di soli 20 anni, vittima di un malore, che non sarebbe stata convincente nel fornire le generalità.
Dopo le cure del caso, la donna è stata trasferita al commissariato. La polizia, dopo aver accertato la sua posizione irregolare, scoprendo che era già stata raggiunta da un ordine di allontanamento dal territorio nazionale, ha trasmesso alla magistratura gli atti relativi alla donna, mentre all'immigrata è stato notificato un secondo ordine di espulsione.
Probabilmente non è il primo e credo, purtroppo, non sarà neppure l'ultimo caso del genere.
Spero che i medici che operano una scelta del genere si prendano il tempo per rileggere il giuramento di Ippocrate che sono tenuti a prestare per esercitare la professione medica affinchè continuino ad alleviare e non a provocare le sofferenze del genere umano.
Giuramento di Ippocrate
Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:
  • di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento;
  • di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
  • di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente;
  • di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
  • di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza e osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione;
  • di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale e alle mie doti morali;
  • di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della categoria;
  • di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
  • di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica;
  • di prestare assistenza d'urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'Autorità competente;
  • di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto;
  • di astenermi dall' "accanimento" diagnostico e terapeutico;
  • di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato.

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